ABC

Fiducia questo difficile alfabeto

Vertrauen, dieses schwerste ABC

Hilde Domin

venerdì 6 aprile 2012

il 31 m'arzo



Certo c’è la questione dell’evaporazione del Padre.  Questa immagine, forgiata  da un celebre psicanalista francese negli anni 70, non si riferisce semplicemente alla crisi d‘identità dei padri reali di cui si occupano più o meno recentemente la sociologia e la psicologia. Piuttosto fa riferimento alla perdita di  centro, alla  caduta dell‘Uno, alla decapitazione del vertice Ideale  - di matrice edipica  - che aveva strutturato i legami sociali e dato un senso alla vita delle persone.

Mi appoggio agli scritti di Massimo Recalcati e ne approfitto per ricordare la conferenza del suo collega psicanalista Antonio Di Ciaccia, prevista all’Unical giovedì 16 alle 16.00.

Il Padre evaporato è il Padre  che garantisce  al soggetto e ai legami sociali un senso e un ordine stabilito trascendentalmente. E‘ il Padre della rassicurazione, il Padre-fondamento, il Padre  che sa rispondere sulla verità delle  cose, il Padre della garanzia ultima. È il Padre  come tutore dell‘ordine simbolico  che Lacan ha chiamato, ben  consapevole dei suoi inevitabili echi biblico-teologici, Nome del Padre.
E’ una questione cruciale - secondo Lacan - alla base delle psicosi, ma fuor della clinica – per chi vive il disagio della civiltà e si occupa della scuola e dell’educazione, sembra una buona chiave interpretativa per quel diffuso atteggiamento da dominatori dell’universo (ohi frà chira cosa tuttappo’, incuranti del fatto che stai creando un ingorgo), oltre che per il bullismo dilagante (ancora di recente tre giovanotti a piazza Kennedy hanno riempito di botte un loro coetaneo per uno sguardo di troppo).
Ma un assessorato comunale cosa può rispetto a questioni così grandi che attraversano i grandi dispositivi educativi: scuola, famiglia, media?



Può ragionevolmente occuparsi di piccole cose: imparare a fare la fila, abbassare il volume (delle comunicazioni verbali come del volume dei rifiuti), sostenere la raccolta differenziata (non sfugga il senso di “piccola palestra di differenza”), promuovere il rispetto della strada e degli spazi pubblici, il rispetto dei randagi (che è una buona palestra “creaturale”, non antropocentrica, di empatia nei confronti di  una diversità di specie; con risvolti ancora più concreti se si pensa al business dei canili lager, molto vicino alla ‘ndrangheta).
Piccole cose che in questo primo anno di assessorato si concretizzano in due progetti:
Giovani Cittadini Praticanti e Piccoli Mafiosi Crescono.
Di cosa si tratta? “Cittadini praticanti” è un programma d’intervento nelle scuole superiori, che prevede incursioni, seminari e laboratori coi docenti di filosofia, in particolare delle forze docenti del Master in interculturalità dell’Università della Calabria. Si tratta di percorsi di cittadinanza attiva che muovono da quella domanda fondamentale già indicata da Platone: “perché devo obbedire alle leggi della comunità?”.  L’idea di base è che un individuo può reclamare un suo diritto in quanto appartiene ad una comunità, e non lo reclama contro la comunità, bensì contro quelle strutture di potere che una comunità si è data. Strutture di potere come la ndrangheta, e anche come il clientelismo, il malaffare e la malapolitica.
“Piccoli mafiosi crescono” parte qui quest’oggi, con le testimonianze che abbiamo sentito, coi giornalisti e gli studiosi che vorranno trasmetterle e amplificarle nelle scuole dei più piccoli, delle medie inferiori e forse pure delle elementari.
Vi lascio ricordandovi che le mostre che potrete visitare, insieme a una serie di documentari video, sono a disposizione delle scuole che ne faranno richiesta.

(questo era più o meno l’intervento che mi ripromettevo di fare il 31 marzo, alla Città dei ragazzi, e a cui ho rinunciato per lasciare spazio alle tante testimonianze e in particolare a quella dei due imprenditori lametini che hanno denunciato gli estorsori).




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