Cari genitori della
scuola “Plastina Pizzuti” e della scuola media “Zumbini”, ciò che contestate a
una proposta (e sottolineo proposta, che sarà esaminata dagli uffici competenti
della Provincia e della Regione Calabria) di riorganizzazione della rete
scolastica potrebbe rappresentare un contributo alla cosiddetta dialettica
democratica se solo contenesse qualche argomentazione e se non avesse il tono
della messa in mora e della minaccia.
Tono di voce stranamente
coincidente con quello delle esternazioni di chi amabilmente mi ricorda la
presenza di alcuni genitori magistrati e pure qualche entratura negli uffici
regionali, annunciandomi telefonicamente che “la guerra è aperta”. Guerra da
ieri palesata da una raccolta firme alla “Zumbini” straordinariamente aperta di
domenica. Guerra centrata, come è ovvio, sulla disinformazione e su qualche
errore logico. Non è strano che i genitori di una scuola secondaria di primo
grado guardino indietro (all’ingresso, alle scuole primarie) invece che al
futuro (alle superiori), che si preoccupino del passato invece che di ciò che
sarà? Basterebbe questa semplice osservazione per liquidare la questione come
scorretta e pretestuosa.
Ma questa è una città
pacifica e tra le mie deleghe c’è quella della formazione della coscienza
civica. “Guerra” non a caso è il correlato della velocità nella elaborazione
del filosofo-urbanista Paul Virilio, l’autore di “Velocità e politica” e di “La
città panico. L’altrove comincia qui”. Questo ancoramento teorico mi consente
di introdurre due brevi considerazioni sulla de-spazializzazione delle città e
contemporaneamente sulla claustropolis, la prima misconosciuta, la seconda
messa in scena appieno. A cosa risponde il principio di prossimità/viciniorità
nella nostra epoca, chi è vicino, chi, cosa è lontano? Vien da osservare che pur a non voler vedere
la rivoluzione digitale in atto, il testo di Joshua Meyrowitz, “Oltre il senso
del luogo. L'impatto dei media elettronici sul comportamento sociale”, è
disponibile in traduzione italiana già dal 1993.
Altrimenti detto, i
premurosi genitori con la carta bollata e alcuni direttori didattici dovrebbero
porre la questione del gap tecnologico, si dovrebbero preoccupare che
l’alfabetizzazione informatica non abbia alle elementari il sembiante del
dettato, si dovrebbero fare portatori di istanze che guardano alla
connettività, al wi-fi e magari alla banda larga. E invece – constatazione
davvero disperante – strillano perché sognano un tapis roulant che conduca i
loro figlioli dalla primaria di via Roma alla griffatissima e sovradimensionata
Zumbini. Magari con annesso servizio di security. Ma anche qui non s’intende,
salvo retrocessioni e direzioni paradossali del tapis, cosa vogliano i genitori
della “Zumbini”.
Una miopia che avevo avuto già modo di
assaggiare in altro quartiere, a Casali, con genitori della piccola scuola
materna riottosi e resistenti a un trasferimento a 300 metri di distanza (con scuolabus
gratuito) nella scuola d’infanzia dello Spirito Santo, che oggi è forse il
plesso scolastico più bello e accogliente della città. Scenario analogo per chi
dalle primarie di via Roma dovrà percorrere addirittura 500 metri per recarsi a
piazza Cappello. Precariato, piccola
borghesia e upper class evidentemente accomunati dalla pigrizia e da qualche
pregiudizio.
Cosa è vicino, cosa è
lontano, oggi, in una città comunque piccola e senza un centro non delineabile
univocamente? Dibattito reso ancora più radicale dagli studi sociologici e
urbanistici per i quali “la città non
esiste più da cinquant'anni perché è scomparsa la differenza tra contado e
centro” (Richard Ingersoll). Flussi, nodi, spazi odologici, studio dei
percorsi, mappe mentali (nozioni preziose e acquisite già dai tempi di Kevin
Lynch), ridiscussione delle nozioni di centro e periferia, città difesa, città
diffusa, “sprawltown” (“sprawl” =
sdraiata), la prossimità invocata maschera altre questioni, le stesse che hanno
portato al crollo d’iscrizioni nella scuola di via degli Stadi: lo spettro dei
bimbi rom, fantasmatiche della diversità, pratiche camuffate di esclusione.
Niente a che fare con la
continuità didattica. Tema
particolarmente caro a questo assessorato e sul quale c’è grande ritardo. Si
vedano ad esempio le esperienze consolidate nelle scuole di Verona e di
Firenze, a partire dalla scuola dell’infanzia. E’ il caso del “diario di bordo”
e del diario personale. Il lavoro di
documentazione da consegnare alla scuola successiva, al fine di favorire un
passaggio morbido, senza timori ed ansie provocati da salti bruschi da una
istituzione all’altra. Si tratta della scrittura degli educatori, ma nei casi
più significativi implementata anche dai genitori, che ha per oggetto la
propria esperienza e che assolve alla funzione di “costruire un luogo da cui
osservare i vissuti, un luogo in cui ritrarsi di tanto in tanto dalla scena per
osservarla da lontano; è proprio questa condizione del guardare a distanza che
ci fa stare con pienezza dentro la scena” (Mortari, 1998).
Ecco, spiace proprio che protesta e petizione
mostrino scarso interesse per il futuro dei ragazzi, tutelando tic, pigrizie e
abitudini dei genitori, prendendo a pretesto una continuità educativa espressa
in pochi centimetri oltre il proprio naso.
Non mi ero illusa sulla facilità di un compito di
riorganizzazione della rete scolastica che – visto il contesto – ha quantomeno il
pregio di alimentare un minimo di dialettica, anche se nervosa. E’ auspicabile
che in seguito i cittadini si sforzino di trovare uno sguardo lontano, che
capiscano che una scuola insiste in una città e che questa città – grazie al
sindaco Mario Occhiuto e alla nuova amministrazione – ha al centro dello sviluppo urbano un progetto culturale, in
grado di unire “beni culturali” ed “attività culturali”. Che imparino ad apprezzare
la positività di una modalità di pianificazione strategica che pone al centro l’integrazione
fra i diversi quartieri e la tutela delle scuole in decrescita, nel tentativo
di contrastare la formazione di ghetti da un lato e di istituti sovraffollati
dall’altro, come pure il sottoutilizzo di plessi ristrutturati, funzionali e
accoglienti. L’augurio è di immaginare insieme una città che rimuove barriere, dando senso a viale Mancini (che ha
già fatto crollare il muro che separava via Popilia), che guarda a Nord e
perlomeno fino all’università con una mobilità sostenibile. Che suggerisce nuovi percorsi da piazza Bilotti, verso il
museo all’aperto, verso Sud, verso i teatri e i musei, lungo un fiume che
presto si arricchirà di altri luoghi d’arte e della contemporaneità.
il Quotidiano della Calabria, 28 novembre 2011
il Quotidiano della Calabria, 28 novembre 2011
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