ABC

Fiducia questo difficile alfabeto

Vertrauen, dieses schwerste ABC

Hilde Domin

venerdì 6 aprile 2012

Accorpamenti



Cari genitori della scuola “Plastina Pizzuti” e della scuola media “Zumbini”, ciò che contestate a una proposta (e sottolineo proposta, che sarà esaminata dagli uffici competenti della Provincia e della Regione Calabria) di riorganizzazione della rete scolastica potrebbe rappresentare un contributo alla cosiddetta dialettica democratica se solo contenesse qualche argomentazione e se non avesse il tono della messa in mora e della minaccia.
Tono di voce stranamente coincidente con quello delle esternazioni di chi amabilmente mi ricorda la presenza di alcuni genitori magistrati e pure qualche entratura negli uffici regionali, annunciandomi telefonicamente che “la guerra è aperta”. Guerra da ieri palesata da una raccolta firme alla “Zumbini” straordinariamente aperta di domenica. Guerra centrata, come è ovvio, sulla disinformazione e su qualche errore logico. Non è strano che i genitori di una scuola secondaria di primo grado guardino indietro (all’ingresso, alle scuole primarie) invece che al futuro (alle superiori), che si preoccupino del passato invece che di ciò che sarà? Basterebbe questa semplice osservazione per liquidare la questione come scorretta e pretestuosa.
Ma questa è una città pacifica e tra le mie deleghe c’è quella della formazione della coscienza civica. “Guerra” non a caso è il correlato della velocità nella elaborazione del filosofo-urbanista Paul Virilio, l’autore di “Velocità e politica” e di “La città panico. L’altrove comincia qui”. Questo ancoramento teorico mi consente di introdurre due brevi considerazioni sulla de-spazializzazione delle città e contemporaneamente sulla claustropolis, la prima misconosciuta, la seconda messa in scena appieno. A cosa risponde il principio di prossimità/viciniorità nella nostra epoca, chi è vicino, chi, cosa è lontano?  Vien da osservare che pur a non voler vedere la rivoluzione digitale in atto, il testo di Joshua Meyrowitz, “Oltre il senso del luogo. L'impatto dei media elettronici sul comportamento sociale”, è disponibile in traduzione italiana già dal 1993.
Altrimenti detto, i premurosi genitori con la carta bollata e alcuni direttori didattici dovrebbero porre la questione del gap tecnologico, si dovrebbero preoccupare che l’alfabetizzazione informatica non abbia alle elementari il sembiante del dettato, si dovrebbero fare portatori di istanze che guardano alla connettività, al wi-fi e magari alla banda larga. E invece – constatazione davvero disperante – strillano perché sognano un tapis roulant che conduca i loro figlioli dalla primaria di via Roma alla griffatissima e sovradimensionata Zumbini. Magari con annesso servizio di security. Ma anche qui non s’intende, salvo retrocessioni e direzioni paradossali del tapis, cosa vogliano i genitori della “Zumbini”.
 Una miopia che avevo avuto già modo di assaggiare in altro quartiere, a Casali, con genitori della piccola scuola materna riottosi e resistenti a un trasferimento a 300 metri di distanza (con scuolabus gratuito) nella scuola d’infanzia dello Spirito Santo, che oggi è forse il plesso scolastico più bello e accogliente della città. Scenario analogo per chi dalle primarie di via Roma dovrà percorrere addirittura 500 metri per recarsi a piazza Cappello.  Precariato, piccola borghesia e upper class evidentemente accomunati dalla pigrizia e da qualche pregiudizio.
Cosa è vicino, cosa è lontano, oggi, in una città comunque piccola e senza un centro non delineabile univocamente? Dibattito reso ancora più radicale dagli studi sociologici e urbanistici per i quali  “la città non esiste più da cinquant'anni perché è scomparsa la differenza tra contado e centro” (Richard Ingersoll). Flussi, nodi, spazi odologici, studio dei percorsi, mappe mentali (nozioni preziose e acquisite già dai tempi di Kevin Lynch), ridiscussione delle nozioni di centro e periferia, città difesa, città diffusa, “sprawltown”  (“sprawl” = sdraiata), la prossimità invocata maschera altre questioni, le stesse che hanno portato al crollo d’iscrizioni nella scuola di via degli Stadi: lo spettro dei bimbi rom, fantasmatiche della diversità, pratiche camuffate di esclusione.
Niente a che fare con la continuità didattica. Tema particolarmente caro a questo assessorato e sul quale c’è grande ritardo. Si vedano ad esempio le esperienze consolidate nelle scuole di Verona e di Firenze, a partire dalla scuola dell’infanzia. E’ il caso del “diario di bordo” e del diario personale.  Il lavoro di documentazione da consegnare alla scuola successiva, al fine di favorire un passaggio morbido, senza timori ed ansie provocati da salti bruschi da una istituzione all’altra. Si tratta della scrittura degli educatori, ma nei casi più significativi implementata anche dai genitori, che ha per oggetto la propria esperienza e che assolve alla funzione di “costruire un luogo da cui osservare i vissuti, un luogo in cui ritrarsi di tanto in tanto dalla scena per osservarla da lontano; è proprio questa condizione del guardare a distanza che ci fa stare con pienezza dentro la scena” (Mortari, 1998).
Ecco, spiace proprio che protesta e petizione mostrino scarso interesse per il futuro dei ragazzi, tutelando tic, pigrizie e abitudini dei genitori, prendendo a pretesto una continuità educativa espressa in pochi centimetri oltre il proprio naso.
Non mi ero illusa sulla facilità di un compito di riorganizzazione della rete scolastica che – visto il contesto – ha quantomeno il pregio di alimentare un minimo di dialettica, anche se nervosa. E’ auspicabile che in seguito i cittadini si sforzino di trovare uno sguardo lontano, che capiscano che una scuola insiste in una città e che questa città – grazie al sindaco Mario Occhiuto e alla nuova amministrazione – ha al centro dello sviluppo urbano un progetto culturale, in grado di unire “beni culturali” ed “attività culturali”. Che imparino ad apprezzare la positività di una modalità di pianificazione strategica che pone al centro l’integrazione fra i diversi quartieri e la tutela delle scuole in decrescita, nel tentativo di contrastare la formazione di ghetti da un lato e di istituti sovraffollati dall’altro, come pure il sottoutilizzo di plessi ristrutturati, funzionali e accoglienti. L’augurio è di immaginare insieme una città che rimuove  barriere, dando senso a viale Mancini (che ha già fatto crollare il muro che separava via Popilia), che guarda a Nord e perlomeno fino all’università con una mobilità sostenibile. Che suggerisce  nuovi percorsi da piazza Bilotti, verso il museo all’aperto, verso Sud, verso i teatri e i musei, lungo un fiume che presto si arricchirà di altri luoghi d’arte e della contemporaneità. 

il Quotidiano della Calabria, 28 novembre 2011

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