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Hilde Domin

mercoledì 30 maggio 2012

Caro Nino, ti scrivo


l’associazione culturale Ottavomiglio, nell’ambito delle iniziative previste in occasione della XIV Settimana della Cultura promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, realizza  una  rassegna ” Sulle tracce di Antonio Gramsci” nel  75° anniversario della sua morte proponendo, tra l’altro, un concorso  rivolto ai ragazzi di età compresa tra gli 8-12 anni dal titolo “ Caro Nino, ti scrivo”,  lettera ad un detenuto.

La premiazione avverrà sabato 28 aprile alle ore 10.00 nella sala convegni dell’archivio di stato.

Di recente, in un’intervista in parte anticipata su Repubblica, alla domanda “perché s’interessa tanto alla psicanalisi”, Slavoj Zizek risponde secco: “Per un solo e unico motivo, arrivare a una nuova comprensione di Hegel”.

Nella stessa intervista Zizek ribadisce ciò che è già noto: si dichiara comunista, badando a specificare che “comunismo” non è il nome della soluzione, bensì quello del problema”. Dall’inquinamento dell’ambiente, al capitalismo finanziario, alla biogenetica, alla difesa della proprietà intellettuale, - ma anche ad altre questioni come quella dei diritti degli animali - si tratta di problemi del vivere insieme, “in comune”.
La questione mi è ancora più evidente da quando ho delega, per questo comune, ad occuparmi della formazione della coscienza civica e della scuola.
Posso dunque definirmi – senza provocare  (un abito che indosserei con difficoltà) – comunista?
So poco del 68 (mi sembra di capire che a Gramsci non sarebbe piaciuto: troppo divertimento, troppa libertà), e a quell’epoca non ero nemmeno nata. C’è poi che ho studiato in Francia  e dunque ho dei comunisti e di Gramsci una visione a distanza. Devo qualcosa a un amico sorboniano – Dormagen – uno sguardo éloigné sui comunisti italiani e su una nozione di “spontaneamente comunisti”  (Jean-Yves ricorda un candido intervento del senatore Lucio Libertini del 1991: “Ecco, io ora mi sento un po’ come San Francesco quando riprese la predicazione del Vangelo”, il che ovviamente contrasta quanto emerge in questi giorni sui patrimoni immobiliari dei partiti).
A distanza di anni, rientrata in Italia, ho poi avuto la fortuna d’imbattermi nel professor  Francesco Valentini (per i cosentini e i dipignanesi conosciuto come “Ciccio”) un altro hegeliano di ferro che mi seguì nel lavoro di tesi su quell’altro proto-comunista di Spinoza.
Per traiettorie che sarebbe difficile spiegare (direte che l’amministrazione che mi delega è di destra o nella migliore delle ipotesi di centro-destra), il primo impatto è stato con l’accorpamento scolastico.
Riottosa ad accorpare la scuola elementare di via Roma con la media della Zumbini, per un semplice fatto numerico (1600 studenti che avrebbero messo a repentaglio il raggiungimento della quota 1000 per altri istituti), mi si è scatenata contro l’ira della peggiore borghesia di sempre ...
La questione della coscienza civica mi si è dunque presentificata immediatamente come legata ad una diffusa aggressività che è un po’ l’anticamera di pratiche illegali, degli atteggiamenti mafiosi. E su una cultura della legalità intesa come lavoro già con i più piccoli, già dalla scuola dell’infanzia, sulle buone pratiche di cittadinanza il mio assessorato sta lavorando. E il punto di partenza è il rispetto, appunto di ciò che è comune, dello spazio pubblico, della scuola, della strada, dello spazio condiviso, dell’altro.
“Caro Nino ti scrivo” , la lettera ad un amico, ad un parente – immaginario o reale – in carcere, rientra perfettamente in questo contesto. Ho già avuto modo di constatare come la scrittura epistolare faccia emergere con candore temi sociali e politici: il carcere, la crisi finanziaria, l’immigrazione.

E’ il caso delle lettere a babbo natale (cfr. concorso in collaborazione con Poste Italiane).


Caro Babbo Natale,
come stai? Io sto così così. Quest'anno sono povero. (...)
Pietro

Caro Babbo Natale,
(...) è la prima volta che ti scrivo con le mie mani, avrei tante cose da dirti e vorrei tante cose da te. Desidero che il mio papà abbia uno stipendio più alto per pagare le tasse, per comprarmi tutto ciò che mi piace e accontentare tutti i bambini bisognosi che non hanno una famiglia per poter festeggiare (...). Baci
Giorgia

Caro Babbo Natale,
so che sei frutto della nostra immaginazione. Ma anche se sei un personaggio della nostra fantasia credo sempre in te (...). So che i bambini più piccoli come il mio fratellino, pensano che tu esista quindi ti prego rendili felici come hai fatto sempre con me e porta loro tanti regali. Se io fossi Babbo Natale renderei felici grandi e piccini. E se fossi il tuo aiutante, farei un sacco di regali ai bambini poveri ed anche ai grandi (...).
PS
se vuoi puoi assumermi come aiutante mi piacerebbe un sacco!
Francesco Pio

Caro Babbo Natale, io sto bene. Per Natale vorrei andare a trovare a papà perché è stato un po cattivo e vive in carcere però mi vuole bene. Con mamma e i miei fratelli vorrei passare una bella giornata con papà. Ti saluto
Micaela

Caro Babbo Natale,
sono Manuel e, visto che ormai sono grande, sai che fra un anno sarò alla scuola media, non ti chiederò dei giochi, ma che tutti i bambini più piccoli o più poveri di me abbiano, loro, qualche gioco ma, soprattutto, cibo e acqua in abbondanza. Vorrei anche avere sempre buoni voti e così poter andare all'università; tu puoi metterci una buona parola con maestri e professori? (...)
Se mi ascolterai e farai in modo che i miei si avverino, ti dirò: - Grazie tante, di vero cuore, grazie, grazie, grazie! Arrivederci Babbo, oh, oh, oh !!!

Caro Babbo Natale,
come stai? Io vorrei chiedere delle cose. (...) Vorrei che i bambini siano felici, vorrei che i malati stiano bene, per favore dai alle persone povere il mangiare. Io voglio tanto conoscere i miei nonni che sono morti. Voglio che tu mandi a papà un buon viaggio che torna in Ucraina.
Alexia 

Metacognitivi ("so che sei frutto della nostra immaginazione"), immersi in un bagno di realtà ("uno stipendio più alto per pagare le tasse"), di realismo e umorismo ("vorrei andare all'università, puoi metterci una buona parola con maestri e professori?), di senso pratico ("se vuoi puoi assumermi come aiutante"), di umana comprensione ("papà è stato un po cattivo e vive in carcere però mi vuole bene"). Pensieri espressi con un candore perentorio che mostra la miseria di tante chiacchiere sociologiche e politologiche: "come stai? Io sto così così. Quest'anno sono povero".

Mio caro Gramsci, sono certa che apprezzeresti: questi ragazzi, quando riescono a sottrarsi al dettato delle maestrine, dei luoghi comuni e dei buoni sentimenti,  sono meravigliosi. E me li bacerei tutti. Arrivederci Gramsci, oh, oh, oh.




(Cosenza, 28 aprile 2012)

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