salone di rappresentanza della casa comunale
Lo dico spesso: un assessore in una
amministrazione comunale non è altro che un delegato.
Un delegato del sindaco su certe questioni
specifiche. Nel mio caso: la scuola, la formazione della coscienza civica. Oggi
ricevo una delega supplementare: accogliere Salomon Resnik e consegnargli un
piccolo premio, il Telesio d'argento. Mandato piuttosto complicato.
Enrique Pichon-Rivière, Melanie Klein, Roger Bastide, Claude
Lévi-Strauss, Eugen Minkowski, Maurice Merleau-Ponty, Georges Gurvitch, Georges
Daumezon, François Tosquelles, Jean Oury, Roger Gentis, Wilfred Bion, Herbert
Rosenfeld, Donald Winnicott, Thomas Forrest Main, Maxwell Jones, Siegfried Foulkes, Esther
Bick.
Sono i nomi dei maestri, degli amici e dei
collaboratori di Salomon Resnik.
E poi, Jorge Luis Borges e Italo Calvino, per
dire che in lui è molto forte l'interesse per l'arte e la letteratura. Dovremmo
aggiungere Van Gogh, Magritte, De Chirico. E poi Aldo Gargani, Vittore Branca e
Carlo Ossola, e molti altri pensatori contemporanei. E in ogni caso si
tratterebbe di una lista approssimativa, certo non esaustiva.
Tra i maestri influenzanti dovremmo pure
citare i presocratici, Aristotele, Platone, Plotino, probabilmente Leon
Battista Alberti, Brunelleschi, ovviamente Freud, Husserl, Heidegger e molti
altri.
Questi nomi sono i vagoni di un convoglio in
cui Resnik è il capotreno.
Salire sul suo treno vuol dire entrare in
contatto con quel gruppo formidabile. Tirargli la giacca vuol dire portarsi a
casa un lembo di pensiero di quell'allegra comitiva, oltre che suo, da lui
elaborato, da lui sperimentato.
Al contrario di quanto succede con le Ferrovie
dello Stato, il treno Resnik è accogliente e puntuale. Anche quando le
percorrenze sono lunghe: Argentina, Francia, Inghilterra, Italia (non
dimenticando l'Ucraina). La stazione centrale è in Francia, ma in anni più
lontani è stata l'Inghilterra, poi l'Italia: l'Italia è una costante. Vuol dire
Venezia, Roma, Napoli e poi, tra le tante tappe, anche Cosenza. La Cosenza di
Telesio, di Parrasio e dell'Accademia Cosentina, la Cosenza eretica di Salfi.
Dunque non si tratta più di Buenos Aires e
delle capitali europee ma, questo è prodigioso, il treno di Resnik si ferma
ovunque lo si chiami, anche senza prenotazione, anche con tempi ridotti di
prenotazione, in stazioni più piccole e periferiche.
E' un treno all'insegna dell' ospitalità,
della generosità, del coraggio. E sul suo treno sono saliti psichiatri,
psicologi, medici, filosofi, persino qualche avvocato, oltre che tantissime
persone sofferenti, persone che avevano bisogno di aiuto "ad accordare uno
strumento non del tutto armonico, o non del tutto ben temperato, o più o meno
discordante". Capotreno-direttore d'orchestra-accordatore. Così son saliti
qui a Cosenza, a Bari, in Sicilia, tantissimi a Ischia e Mergellina. Oppure, è
sceso lui da quel treno, per venirci a fare visita. Non è in gioco il farsi
visitare dal dottore - come si usa dire - è che "l'esperienza
psicanalitica contempla l'idea di visitare: ogni persona infatti ha il suo
universo ... un universo di oggetti da visitare durante l'analisi" (cito
da "Spazio mentale", prima delle sette lezioni tenute alla Sorbona
tra il 1987 e il 1988).
Resnik è un routier, un termine che
come ci ricorda lui stesso viene dal Medioevo, e che designava «colui che corre
per le strade». " La routine è un percorso già noto, su una strada in cui
non ci si perde. L’idea di avventura ci invita invece ad abbandonare il cammino
familiare, a lasciare il lato abitudinario della nostra esistenza. È a questo
punto che comincia l’avventura: quando si assume la propria inclinazione ad
aprirsi un sentiero nella foresta, il proprio sentiero. Un’inter-prestazione
analitica adeguata permette di fare proprio questo: di aprire una nuova
strada" (cito da una vecchia intervista).
C’è accordo sul fatto che quella di Freud sia
una scienza del moto, dei moti pulsionali. Per Resnik conta il moto a luogo, è questione di spazio, di
corpi, "essere significa abitare, dove abitare, avere una propria casa,
significa non avere bisogno di ricoverarsi nelle case altrui". Badando
bene a non chiudersi nella propria (che è la soluzione autistica) o ad
alloggiarvi senza abitarla o a saltare in quella dell'altro. Existere significa essere fuori, in
piedi, a contatto con la terra. Come è possibile essere fuori nel mondo con
gli altri, senza cadere, tenendosi in piedi, senza irrigidirsi, o diventare di
pietra, tollerando e rispettando lo spazio che divide ogni habitat?
Il terreno battuto - sempre semplificando
molto - è quello tra psicoanalisi, filosofia e antropologia. In particolare tra
Fenomenologia e Psicanalisi: non a caso gli analisti che vengono dalla
fenomenologia sono gli analisti delle psicosi. Non sono molti, Resnik è uno di
quei pochi capitani coraggiosi. Uno dei pochi che prova ad affrontare i cani
infernali, i caninterni che abitano i nostri corpi e che a volte si arrabbiano,
saltano e sembrano divorarci il cervello. Essere sul tracciato di Resnik vuol
dire dunque conoscere, familiarizzare coi cani rabbiosi e più in generale entrare
nelle logiche del deragliamento, cercando di non deragliare.
Mi piacerebbe che nel suo soggiorno cosentino
il professor Resnik trovasse il tempo per una visita alla pinacoteca di Palazzo
Arnone: lì, tra i tanti Mattia Preti, c'è un potentissimo quadro di Luca
Giordano: Jezabel divorata dai cani.
Prima di scrivere questo breve testo,
intenderete che mi sono documentata, ho letto, ho chiesto. Tutti concordi sulla
sua sorprendente capacità di entrare in contatto con il mondo psicotico. Tutti
convergenti sulla sorpresa derivante dalle sue domande illuminanti. Cosa sperimentiamo
come sorprendente ce lo spiega Resnik stesso: "quel che prende la nostra anima per la prima volta,
inaspettatamente. Ciò che si ripete è il già-noto, il già-stato, che nella ripetizione si conserva,
consolidandosi. Ciò che ci sorprende è quanto rende nuovo le spectacle du monde perché in qualche modo lo trasforma".
Infine, nel salutarlo, cedo a una
corrispondenza tra le sue teorie e la mia delega principale:
(...) «imparare insieme» perché non credo
nell’insegnamento, non si può in-segnare, mettere un segno nell’altro. Se mai,
si può stimolare attraverso il transfert un processo di apprendimento, questo
sì. In francese si dice déclencher. L’interpretazione – al di là
dell’onnipotenza di certi analisti – non è la risposta idealizzata
dell’analista che finalmente capisce e mette in parole quello che deve essere
decodificato. Interpretazione per me viene da inter-prestazione: nel processo
psicoanalitico paziente e analista si prestano qualcosa l’un l’altro, e questo
sistema di scambi è ciò che definiamo transfert. La psicoanalisi è esperienza
relazionale; se la coppia paziente-analista giunge a poter lavorare, essi sono come
due bambini che giocano portando ognuno qualche giocattolo e creando così un
sistema di giocattoli da condividere”.
Grazie a Salomon Resnik che oggi ha accettato
di giocare con noi.
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