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Vertrauen, dieses schwerste ABC

Hilde Domin

mercoledì 24 ottobre 2012

Il Telesio d'argento a Solomon Resnik

venerdì 19 ottobre 2012
salone di rappresentanza della casa comunale




Lo dico spesso: un assessore in una amministrazione comunale non è altro che un delegato.
Un delegato del sindaco su certe questioni specifiche. Nel mio caso: la scuola, la formazione della coscienza civica. Oggi ricevo una delega supplementare: accogliere Salomon Resnik e consegnargli un piccolo premio, il Telesio d'argento. Mandato piuttosto complicato.




Enrique Pichon-Rivière,  Melanie Klein, Roger Bastide, Claude Lévi-Strauss, Eugen Minkowski, Maurice Merleau-Ponty, Georges Gurvitch, Georges Daumezon, François Tosquelles, Jean Oury, Roger Gentis, Wilfred Bion, Herbert Rosenfeld, Donald Winnicott, Thomas Forrest Main,  Maxwell Jones, Siegfried Foulkes, Esther Bick.
Sono i nomi dei maestri, degli amici e dei collaboratori di Salomon Resnik.
E poi, Jorge Luis Borges e Italo Calvino, per dire che in lui è molto forte l'interesse per l'arte e la letteratura. Dovremmo aggiungere Van Gogh, Magritte, De Chirico. E poi Aldo Gargani, Vittore Branca e Carlo Ossola, e molti altri pensatori contemporanei. E in ogni caso si tratterebbe di una lista approssimativa, certo non esaustiva.
Tra i maestri influenzanti dovremmo pure citare i presocratici, Aristotele, Platone, Plotino, probabilmente Leon Battista Alberti, Brunelleschi, ovviamente Freud, Husserl, Heidegger e molti altri.
Questi nomi sono i vagoni di un convoglio in cui Resnik è il capotreno.



Salire sul suo treno vuol dire entrare in contatto con quel gruppo formidabile. Tirargli la giacca vuol dire portarsi a casa un lembo di pensiero di quell'allegra comitiva, oltre che suo, da lui elaborato, da lui sperimentato.
Al contrario di quanto succede con le Ferrovie dello Stato, il treno Resnik è accogliente e puntuale. Anche quando le percorrenze sono lunghe: Argentina, Francia, Inghilterra, Italia (non dimenticando l'Ucraina). La stazione centrale è in Francia, ma in anni più lontani è stata l'Inghilterra, poi l'Italia: l'Italia è una costante. Vuol dire Venezia, Roma, Napoli e poi, tra le tante tappe, anche Cosenza. La Cosenza di Telesio, di Parrasio e dell'Accademia Cosentina, la Cosenza eretica di Salfi.
Dunque non si tratta più di Buenos Aires e delle capitali europee ma, questo è prodigioso, il treno di Resnik si ferma ovunque lo si chiami, anche senza prenotazione, anche con tempi ridotti di prenotazione, in stazioni più piccole e periferiche.
E' un treno all'insegna dell' ospitalità, della generosità, del coraggio. E sul suo treno sono saliti psichiatri, psicologi, medici, filosofi, persino qualche avvocato, oltre che tantissime persone sofferenti, persone che avevano bisogno di aiuto "ad accordare uno strumento non del tutto armonico, o non del tutto ben temperato, o più o meno discordante". Capotreno-direttore d'orchestra-accordatore. Così son saliti qui a Cosenza, a Bari, in Sicilia, tantissimi a Ischia e Mergellina. Oppure, è sceso lui da quel treno, per venirci a fare visita. Non è in gioco il farsi visitare dal dottore - come si usa dire - è che "l'esperienza psicanalitica contempla l'idea di visitare: ogni persona infatti ha il suo universo ... un universo di oggetti da visitare durante l'analisi" (cito da "Spazio mentale", prima delle sette lezioni tenute alla Sorbona tra il 1987 e il 1988).
Resnik è un routier, un termine che come ci ricorda lui stesso viene dal Medioevo, e che designava «colui che corre per le strade». " La routine è un percorso già noto, su una strada in cui non ci si perde. L’idea di avventura ci invita invece ad abbandonare il cammino familiare, a lasciare il lato abitudinario della nostra esistenza. È a questo punto che comincia l’avventura: quando si assume la propria inclinazione ad aprirsi un sentiero nella foresta, il proprio sentiero. Un’inter-prestazione analitica adeguata permette di fare proprio questo: di aprire una nuova strada" (cito da una vecchia intervista).



C’è accordo sul fatto che quella di Freud sia una scienza del moto, dei moti pulsionali. Per Resnik conta il moto a luogo, è questione di spazio, di corpi, "essere significa abitare, dove abitare, avere una propria casa, significa non avere bisogno di ricoverarsi nelle case altrui". Badando bene a non chiudersi nella propria (che è la soluzione autistica) o ad alloggiarvi senza abitarla o a saltare in quella dell'altro. Existere significa essere fuori, in piedi, a contatto con la terra. Come è possibile essere fuori nel mondo con gli altri, senza cadere, tenendosi in piedi, senza irrigidirsi, o diventare di pietra, tollerando e rispettando lo spazio che divide ogni habitat?
Il terreno battuto - sempre semplificando molto - è quello tra psicoanalisi, filosofia e antropologia. In particolare tra Fenomenologia e Psicanalisi: non a caso gli analisti che vengono dalla fenomenologia sono gli analisti delle psicosi. Non sono molti, Resnik è uno di quei pochi capitani coraggiosi. Uno dei pochi che prova ad affrontare i cani infernali, i caninterni che abitano i nostri corpi e che a volte si arrabbiano, saltano e sembrano divorarci il cervello. Essere sul tracciato di Resnik vuol dire dunque conoscere, familiarizzare coi cani rabbiosi e più in generale entrare nelle logiche del deragliamento, cercando di non deragliare.
Mi piacerebbe che nel suo soggiorno cosentino il professor Resnik trovasse il tempo per una visita alla pinacoteca di Palazzo Arnone: lì, tra i tanti Mattia Preti, c'è un potentissimo quadro di Luca Giordano: Jezabel divorata dai cani.
Prima di scrivere questo breve testo, intenderete che mi sono documentata, ho letto, ho chiesto. Tutti concordi sulla sua sorprendente capacità di entrare in contatto con il mondo psicotico. Tutti convergenti sulla sorpresa derivante dalle sue domande illuminanti. Cosa sperimentiamo come sorprendente ce lo spiega Resnik stesso: "quel che  prende la nostra anima per la prima volta, inaspettatamente. Ciò che si ripete è il già-noto, il  già-stato, che nella ripetizione si conserva, consolidandosi. Ciò che ci sorprende è quanto rende nuovo le spectacle du monde perché in qualche modo lo trasforma".




Infine, nel salutarlo, cedo a una corrispondenza tra le sue teorie e la mia delega principale:
(...) «imparare insieme» perché non credo nell’insegnamento, non si può in-segnare, mettere un segno nell’altro. Se mai, si può stimolare attraverso il transfert un processo di apprendimento, questo sì. In francese si dice déclencher. L’interpretazione – al di là dell’onnipotenza di certi analisti – non è la risposta idealizzata dell’analista che finalmente capisce e mette in parole quello che deve essere decodificato. Interpretazione per me viene da inter-prestazione: nel processo psicoanalitico paziente e analista si prestano qualcosa l’un l’altro, e questo sistema di scambi è ciò che definiamo transfert. La psicoanalisi è esperienza relazionale; se la coppia paziente-analista giunge a poter lavorare, essi sono come due bambini che giocano portando ognuno qualche giocattolo e creando così un sistema di giocattoli da condividere”. 
Grazie a Salomon Resnik che oggi ha accettato di giocare con noi.






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